Nuovi sconcertanti dati arrivano oggi dagli studiosi dellIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) in relazione al terremoto che il 24 agosto 2016 distrusse la città di Amatrice. Una scoperta che riguarda lacqua: già prima della scossa, sotto al Gran Sasso (circa 39 chilometri dallepicentro), i fluidi del sottosuolo avrebbero iniziato a riempirsi di bolle e a variare la loro pressione. I sismologi monitoravano da oltre un anno lacqua di un tunnel vicino ai laboratori di fisica del Gran Sasso, ma non si sarebbero mai aspettati un segnale così evidente. “Dal 19 agosto la pressione ha iniziato a subire delle oscillazioni verso il basso, piccole ma numerosissime: migliaia ogni ora” spiega Gaetano De Luca, ricercatore dellIngv, che pubblica oggi il suo studio su Scientific Reportscon i colleghi Giuseppe Di Carlo e Marco Tallini. Un po come accade quando il tubo del giardino si riempie di bolle di aria, così è probabilmente avvenuto nel sottosuolo che stava diventando instabile e stava facendo risalire dei fluidi.
Le variazioni dellacqua, sia in termini di pressione, temperatura e conducibilità elettrica che in quelli di composizione chimica, vengono studiati da anni come possibili precursori sismici. Lobiettivo, per ora lontano, è quello di usare queste anomalie come segnali di allarme. “In realtà noi pensiamo – spiega De Luca – che il movimento dei fluidi provenienti dal profondo, che cercano di insinuarsi tra le crepe e le fratture del mantello terrestre per risalire verso lalto, possano essere piuttosto la causa di innesco dei terremoti”.
Sotto al Gran Sasso esiste un pozzo orizzontale lungo 190 metri scavato negli anni 80 accanto ai laboratori di fisica dellIstituto nazionale di fisica nucleare (Infn). “Allepoca si pensava di realizzare nuove sale per gli esperimenti” spiega De Luca. “Si iniziò con delle perforazioni di sondaggio. Uno di questi tunnel, chiamato S13, incontrò una faglia profonda e iniziò a riempirsi dacqua. Oggi si presenta come un tubo di circa 170 centimetri di diametro riempito con 3mila litri dacqua a una pressione che normalmente si aggira sui 26-27 bar”. Un bar corrisponde alla pressione dellatmosfera al livello del mare. “Al suo ingresso abbiamo montato un rubinetto con dei sensori capaci di prendere misure venti volte al secondo. In genere i campioni prelevati a mano dai pozzi vengono analizzate una volta ogni diversi giorni o settimane”.
Lidea di studiare lo stato delle falde acquifere del Gran Sasso venne dopo il sisma de LAquila del 2009. I primi dati sono stati presi dallIngv a maggio del 2015, con la collaborazione dellInfn e del dipartimento di ingegneria delluniversità de LAquila. “Il monitoraggio è continuo” racconta il sismologo. “Una volta al mese andiamo nel tunnel, facciamo un tratto a piedi lungo lautostrada e scarichiamo le misurazioni per poi studiarle ai nostri computer”. Una circostanza come quella di S13 – un sondaggio andato male pieno di acqua in pressione nel bel mezzo di unarea sismica – è però più unica che rara nel mondo. Per questo le osservazioni del Gran Sasso sono così preziose. “Applicando dei particolari metodi statistici ai nostri dati – prosegue De Luca – ci siamo accorti che le anomalie della pressione iniziavano 40 giorni prima del sisma e quelle della conducibilità elettrica (un altro segnale della presenza di elementi estranei nellacqua) 50 giorni prima”. Gli sbalzi non si sono ripetuti con il terremoto di Norcia del 30 ottobre, o perché l”innesco” era ormai scattato e, sia pur molto forte, la scossa di Norcia era un “effetto domino” di quella di Amatrice. O perché lepicentro era semplicemente troppo lontano per dare ripercussioni sotto al Gran Sasso.